Arco dei Quattro Venti Verificato

Luogo di una storica battaglia

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Luogo di una storica battaglia del 1849.

Il 29 maggio 1849 Napoleone inviò due dispacci, uno al gen. Oudinot per ordinargli di procedere all’assalto di Roma e l’altro a Lesseps, intimandogli di tornare in Francia. Oudinot, secondo una sorta di codice cavalleresco dell’epoca, annunciò che avrebbe ripreso i combattimenti lunedì 4 giugno. Il generale, però, non fu di parola. Con un’azione che venne considerata un vero e proprio tradimento, nella notte tra il 2 e il 3 giugno due colonne francesi sorpresero i difensori nel sonno e si impadronirono delle ville Pamphili, Corsini e Valentini, tutte posizioni strategiche d grande importanza. Garibaldi, ancora sofferente per la caduta di Velletri, accorse sul Gianicolo la mattina del 3, arrivandovi alle 5 e mezzo. Con lui erano la legione italiana e i bersaglieri lombardi, che per tutta la giornata tentarono di recuperare le posizioni perdute, nonostante la loro incredibile inferiorità numerica. Particolarmente cruenti furono gli assalti a villa Corsini, conosciuta anche come il casino dei Quattro Venti, riconquistata e persa più volte. Durante un attacco dei lancieri morirono il generale Masina, vari soldati, il porta bandiera Pier Antonio Zamboni, il tenente aiutante Pietro Scalcerle e numerosi ufficiali del Galletti. Poco dopo fu la volta dei legionari guidati da Nino Bixio, che fu gravemente ferito. In uno degli assalti riportò ferite mortali Francesco Daverio, capo dello stato maggiore della legione. Tra le 8 e le 9 del mattino intervennero i bersaglieri lombardi di Luciano Manara, subendo enormi perdite. Quel giorno Goffredo Mameli riportò la ferita al ginocchio che lo avrebbe fatto morire di cancrena. All’epopea di villa Corsini Cesare Pascarella ha dedicato alcuni dei più bei versi della sua “Storia nostra”: “Se seppe che er nemico era padrone / Già der casino de le Quattro Venti. / Pe’ riportaje via la posizione / Se cominciorno li combattimenti. / E dar primo momento che sorgeva / La luce, che s’uscì for da le Porte, / Fino all’ultimo che ce se vedeva, / Se fece tutto!…Ma non ce fu verso / De spuntalla! Fu preso pe’ tre vorte / De fila e pe’ tre vorte fu riperso. / Eppure, come daveno er segnale / (Mentre da le finestre e le ferrate / Veniva giù l’inferno!), dar viale / se rimontava su le scalinate; / S’entava ner portone, pe’ le scale, / Pe’ le camere, fra le baricate / De sedie e tavolini, pe’ le sale, / A mozzichi, a spintoni, a sciabolate, / Co’ qualunqu’arma, come se poteva, / Fra fiamme, foco, strilli, sangue, morte, / Se cacciaveno via; se rivinceva; / Se rivinceva; ma nun ce fu verso / De spuntalla. Fu preso pe’ tre vorte / de fila e pe’ tre vorte fu riperso. / L’urtima, er tetto in cima già fumava; / Travi, soffitti, mura s’abbruciaveno, / Pe’ le camere ormai se camminava / Su li morti che se carbonizzaveno; / E a ‘gni razzo, a ‘gni bomba che schioppava / Ne le camere che se sfracellaveno, / Mentre che se feriva e s’ammazzava, / Travi, soffitti…giù!, se sprofonnaveno. / E pure, sai? Finché nun fu distrutto, / Finché ce furno muri, scale, porte / Pe’ ripotecce entrà, se provò tutto; / Se provò tutto; ma nun ce fu verso / De spuntalla. Fu preso per tre vorte / De fila e pe’ tre vorte fu riperso”.

L’arco è completato da due avancorpi a pianta quadrangolare, destinati a sostenere gruppi scultorei mai realizzati. Le due cancellate a chiusura dell’arco, opera del fabbro Tommaso de Santis, furono messe in opera nel 1860, quando furono scolpite e sistemate sui quattro angoli della sommità dell’arco le quattro “figure colossali in pietra calcarea”, raffiguranti i “Quattro Venti”, opera dello scultore Luigi Roversi. Nel 1861 furono sistemate dallo scalpellino Vincenzo Ricci le altre decorazioni, tra cui “8 busti di marmo e 5 sarcofagi“. Sull’arco e sugli avancorpi alterali sono incise alcune epigrafi che siglano l’intera operazione: “Phil(ilippus) And(drea) ab auria Pamphilius ampliori c(irc)uitu aditum fecit a(nno) D(omini) MDCCCLIX coempta villa quam superioris belli furore subversam restituit ornavit ad suburbani amoenitatem“; all’interno di un vano vi è un’altra epigrafe che ricorda i combattimenti del 1849.

Il casino dei Quattro Venti, con la sua caratteristica pianta quadrata con quattro ingressi al centro di ogni lato e salone centrale, era rimasto irrimediabilmente compromesso. Poco restava dei frontoni guarniti di ghirlande e dei vasi di fiori che il pittore olandese Jan Philip Koelman aveva visto splendere al mattino sotto i raggi del sole nascente. I suoi resti furono inglobati nell’Arco quadrifronte dei Quattro Venti, costruito tra il 1856 e il 1859 dall’architetto Andrea Busiri Vici, che oggi si innalza presso l’ingresso di villa Pamphili. L’arco riutilizza anche le strutture murarie del piano d’imposta e parte del mattonato. E’ decorato con statue dei venti e con lo stemma di papa Innocenzo X. Recenti restauri hanno evidenziato anche alcune iscrizioni sui muri vergate nel 1849.

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Indirizzo: Arco dei Quattro Venti, Roma, RM, Italia
Telefono: 060608

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